Immense praterie dall’erba giallastra e rari alberi a ombrello, dove milioni di animali pascolano indisturbati e bevono beati nelle pozze d’acqua lasciate da piogge potenti o fiumi essiccati: è la savana che ci hanno raccontato nei documentari, l’Africa degli animali che ci attrae e ci spaventa, l’Africa della Tanzania e del Kenya, quella vera, quella che contagia, quella del mal d’Africa! Ma questo mal d’Africa esiste davvero?
Si, esiste davvero, perché io penso che un safari non sia tanto un viaggio, quanto una sensazione, un’emozione che cresce con il profumo della savana, pungente e inebriante, il fascino della sua anima primitiva e magnificamente viva, la selvaggia percezione di pericolo costante, avvolti in una natura potente che protegge i meccanismi perfetti della sopravvivenza.
Questa è la Tanzania dei grandi parchi: il grande Serengeti dalle infinite savane, dove gli gnu compiono la loro circolare migrazione creando uno degli spettacoli più potenti della natura africana, il Tarangire romantico, il selvaggio lago Natron dei fenicotteri con aridi ma splendidi paesaggi, l’inenarrabile Ngorongoro una delle più straordinarie meraviglie del mondo.
Questa è la Tanzania delle numerose etnie che vivono in simbiosi con la natura e con gli animali, fra cui i nomadi pastori Masai che praticano segreti riti di iniziazione, bevono il sangue bovino per rendersi forti, amano i gioielli di perline colorate e saltano in alto durante i balli tradizionali.
Questa è la Tanzania delle numerose isole con spiagge incontaminate e fitti palmeti: la turistica Zanzibar un tempo dedita al commercio di spezie, la selvaggia Mafia dall’atmosfera africana, l’isolata Pemba dal mare cristallino.