Colonia italiana per 12 anni dal 1931 al 1943, la Libia, nella storia, è stato un Paese interessante da conquistare a causa della posizione dominante sul Mediterraneo. Fin dal VI secolo a.C. fu mira delle popolazioni prima fenicie, poi greche e poi cartaginesi. Subentrò poi l’Impero Romano e dopo i Vandali. Tutte queste civiltà hanno lasciato un grande patrimonio storico e oggi la Libia si può dire abbia due anime, una di sabbia e l’altra di pietra, il deserto e le rovine delle antiche città, entrambi tesori meravigliosi da scoprire.
Dalle spiagge del Mediterraneo all’estrema regione del Fezzan si passa da città, oasi e deserti, un patrimonio umano e naturalistico che è stato sempre fuori dalle rotte del turismo di massa, offrendo autenticità e paesaggi incontaminati.
Le rovine degli antichi insediamenti della Tripolitania e la Cirenaica sono i più imponenti dell’intero Mediterraneo. Bengasi, dal fascino decadente, Apollonia e Cirene, opulente e raffinate, distese di statue di divinità, anfiteatri sul mare, terme scavate nella roccia e Tripoli, metropoli di estremi contrasti, un mix di lusso e storia, con una medina molto antica dove ogni giorno si svolge il tradizionale suk delle spezie.
Poi c’è il deserto, dove i Thuareg si spostavano con lunghe carovane guidati dalle stelle, costretti, oggi, a cercarsi una nuova identità in uno Stato che li vuole lontani dalle loro sabbie libere da costrizioni e confini. Tra innumerevoli wadi si attraversa l’Akakus, fra scenari misti di sabbia e roccia che sembrano dipinti, dove tutto parla pur rispettando l’assoluto silenzio. Attraverso le dune di Uan Kaza si arriva all’altopiano nero del Messak Settafet, l’arido deserto pietroso che regala scenari fantascientifici con le sue “montagne dipinte” dall’estro primitivo degli antichi artisti sahariani. Vere e proprie gallerie d’arte a cielo aperto, con incisioni e graffiti, scene di vita quotidiana risalenti da 10.000 a più di 500 anni fa, testimonianze di quanta vita è passata e si è trasformata nel deserto. Come un miraggio appare Ghadames, l’oasi del mito, la perla del deserto dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità.